Cherreads

Chapter 2 - Il peso del SI'

Le parole dell'officiante risuonavano nella sala, solenni e vacue. Erano clausole legali mascherate da promesse eterne. Beatrice si trovò a fissare il nodo della cravatta di Mark, incapace di alzare lo sguardo sui suoi occhi di ghiaccio. L'unica cosa che percepiva era il calore persistente della sua mano sulla propria, una pressione ferma che le impediva di fuggire o, peggio, di svenire. Era la mano di un carceriere, ma così dannatamente ben curata da sembrare l'accessorio perfetto per un matrimonio di alta finanza.

«... vuoi tu, Beatrice Rossi, prendere il qui presente Markwell come tuo legittimo sposo...»

Il vuoto le si strinse nello stomaco. La sua mente, per un meccanismo di autodifesa, aveva lasciato la sala affrescata, fuggendo indietro nel tempo, in un luogo meno sfarzoso e infinitamente più vero. Era a bordo del vecchio motorino di Paul, il suo fidanzatino, il vento che le scompigliava i capelli e l'odore salmastro del mare. Paul le aveva raccontato dei suoi sogni: aprire un piccolo ristorante in una caletta, cucinare il pesce fresco, vivere senza l'ombra di un bilancio societario.

"Diciotto anni, Paul," gli aveva detto una sera, i loro corpi stretti l'uno all'altro sul molo. "Abbiamo tutta la vita per costruire il nostro angolo di mondo."

Il nostro angolo di mondo. Ora, il suo mondo era diventato il patrimonio dei Markwell. Era stata scambiata per un capitale. Il dolore non era un lamento, ma un urlo silenzioso e disperato che solo lei sentiva.

Tornò bruscamente al presente quando l'officiante ripeté la domanda, con un tono che suggeriva impazienza. Tutta la stanza trattenne il respiro, in attesa della sua performance.

Mark, al suo fianco, non diede alcun segno di vita. La sua postura era quella di un uomo che attendeva l'atterraggio di un jet privato, non di un futuro coniuge. Formalità assoluta. Era questo che la faceva infuriare di più: la sua fredda indifferenza. Se fosse stato un mostro burbero e orribile, la sua resistenza sarebbe stata più semplice. Ma era Markwell: bello, potente, e apparentemente annoiato da questa necessaria formalità. Non le aveva dato nemmeno la soddisfazione di sentirsi desiderata, ma solo posseduta per motivi contabili.

«... Signora Rossi?»

Mark si girò appena, il movimento quasi impercettibile. I suoi occhi grigi incontrarono finalmente i suoi. Non c'era minaccia, non c'era supplica, solo un'attesa professionale che le diceva: non fare scenate, rispetta il contratto.

Quel vuoto le diede la forza. Lei non poteva deludere suo padre, non poteva permettere che anni di lavoro andassero in fumo per la sua insubordinazione giovanile. Il suo "sì" non sarebbe stato un voto d'amore, ma un gesto di lealtà forzata verso la sua famiglia.

Inspirò profondamente, ingoiando il nome di Paul. «Sì,» rispose. La sua voce era un sussurro, ma sufficientemente chiara per la registrazione e per la folla.

Un sospiro collettivo attraversò la sala, seguito da un leggero mormorio di approvazione. La bolla si era rotta. La cerimonia proseguì con lo scambio degli anelli. L'anello di Bea era un solitario di dimensioni imbarazzanti, un peso materiale e simbolico. Mark glielo infilò al dito. Le sue dita erano lunghe e ferme, il contatto fu breve e disinteressato.

Quando fu il suo turno, Bea prese l'anello semplice di Mark. Mentre glielo posava sul dito, i suoi occhi caddero sulla sua mano. C'era una sottile cicatrice, quasi invisibile, sul dorso del pollice. Un dettaglio così umano, così incongruo con l'immagine di Markwell. Fu il primo, minuscolo segno che le fece percepire che l'uomo non era solo un algoritmo finanziario. Un lampo di curiosità spazzò via, per un istante, la repulsione.

«Vi dichiaro marito e moglie,» concluse l'officiante, e un applauso fragoroso esplose.

Mark si girò verso di lei. Non la baciò. Si limitò ad accostarsi all'orecchio e sussurrare: «Brava, Beatrice. Sei stata impeccabile.»

Il complimento, detto come se avesse superato un esame, le fece ribollire il sangue. Impeccabile. Era un oggetto in mostra, e lei aveva funzionato perfettamente.

Subito dopo la firma dei registri, mentre la gente si accalcava per le congratulazioni, suo padre le si avvicinò, stringendole il braccio con orgoglio.

«Sei la figlia di cui vado fiero,» le disse, la voce piena di un'emozione che non aveva mai mostrato prima. Non amore per lei, ma per il suo successo. «Hai fatto la cosa giusta. Mark è soddisfatto. Sai cosa significa questo per il nostro futuro?»

Bea riuscì a malapena a rispondere. «Sì, papà. Significa un grande futuro per gli affari.»

«E per te, Beatrice,» ribatté lui, anche se l'enfasi ricadeva chiaramente sul primo punto. «Avrai tutto. E ricorda, Mark non è un uomo con cui si scherza. Mantieni il tuo ruolo. Il tuo compito ora è l'immagine, la famiglia. Non rovinarmi questo momento con le tue... sciocchezze giovanili.»

In quel momento, Mark si avvicinò e mise una mano sulla spalla di Bea, un gesto pubblico di possesso. «Alessandro, tua figlia è stata perfetta. Ora permettimi di condurla agli ospiti. La attendono.»

Bea fu grata per l'interruzione, anche se era solo uno scambio di proprietà tra i due uomini più importanti della sua vita. Si allontanò con Mark, sentendosi come un pacchetto sigillato con un nastro bianco e oro.

Mentre attraversavano la folla, Mark le sorrise, un sorriso largo e glaciale indirizzato ai fotografi e ai soci in affari. Le strinse la vita in modo leggero ma vincolante. Per un attimo, Bea si sentì non solo imprigionata, ma anche attirata da quella potente performance. Lui era così sicuro di sé.

Paul è un cameriere nel ristorante di terza categoria di sua madre, risuonò la voce del padre nella sua testa. Il contrasto era brutale. Mark era la realtà, Paul era il sogno che aveva appena lasciato morire sull'altare del dovere. E Mark Markwell, il suo bellissimo e formale marito, non aveva fatto nulla per impedirle di compiere il suo sacrificio.

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